Eleonora Duse
Vigevano, 3 ottobre 1858 – Pittsburgh, 21 aprile 1924
Eleonora Duse
Vigevano, 3 ottobre 1858 – Pittsburgh, 21 aprile 1924
Biografia
Soprannominata la divina, è considerata la più grande attrice teatrale della sua epoca. Simbolo indiscusso del teatro moderno grazie alla sua sensibilità recitativa e alla sua naturalezza.
Nata a Vigevano da una famiglia di attori girovaghi di Chioggia, al seguito della compagnia del padre andò in scena sin dall’età di quattro anni. A vent’anni ebbe il primo ruolo importante e fu a capo di una compagnia. Nel 1879 la sua magistrale interpretazione in Teresa Raquin di Emile Zola, le varrà l’entusiasmo della critica e l’adorazione del pubblico e poi, nel 1880, l’entrata nella Compagnia Semistabile di Torino, porterà a maturazione una sua poetica che pur raccogliendo le eredità del passato rompeva allo stesso tempo con la tradizione della prima metà dell’Ottocento.
È proprio in questo periodo, che Eleonora Duse infatti, compirà le scelte di repertorio che segneranno il suo percorso artistico e la sua carriera. Un repertorio che le permetterà di esprimere il suo sentimento di crisi rispetto all’epoca di cui faceva parte. Vista la sostanziale assenza di una drammaturgia in Italia, i testi che prediligeva erano perlopiù le pièces francesi: moderne, mondane, di forte richiamo per i rinnovati gusti del mutato pubblico del secondo Ottocento. Contro le consuetudini della recitazione tradizionale, con mezzi espressivi personalissimi, di notevole efficacia suggestiva, potente nell’impeto passionale, infondeva un’avvincente vitalità scenica nei personaggi da lei interpretati
Ma nelle sue mani questi drammi venivano riempiti del messaggio tutto personale dell’attrice, che voleva mettere in crisi quei valori borghesi, rappresentarli quindi così come essi si presentavano nella realtà. I temi che Eleonora Duse voleva affrontare erano quelli più spinosi e più rappresentativi della società borghese dell’epoca: denaro, sesso, famiglia, matrimonio, ruolo della donna. Ne usciva il ritratto di una società perbenista ma in realtà ipocrita, luccicante nella vetrina ma marcia nella sostanza, egemonizzata da un dio-denaro regolatore di ogni rapporto umano; un mondo nel quale è impossibile provare delle emozioni sincere.
Emergeva poi l’interiorità femminile così come lei viveva la sua: un’interiorità alienata, nevrotica. Il suo repertorio era moderno e di forte richiamo: dal verismo della Cavalleria rusticana di Verga, ai drammi di Sardou e Dumas figlio. Determinante fu l’incontro con Sarah Bernhardt, ritenuta allora la più grande attrice vivente; fra le due attrici nacque però presto una rivalità che divise i critici teatrali.
Nel 1881 Eleonora Duse sposò Tebaldo Cecchi, un attore della sua compagnia con cui ebbe una bimba, Enrichetta. Il matrimonio però fallì quasi subito e nel 1884 si legò ad Arrigo Boito.
In questo periodo l’attrice frequentò gli ambienti della Scapigliatura e il suo repertorio si arricchì dei drammi di Giacosa o di Ibsen. La sua recitazione caratterizzò il teatro moderno perché ruppe totalmente gli schemi del teatro ottocentesco, essendo ridotta alla più pura e limpida essenzialità, assolutamente scevra dai barocchismi e trucchi e capricci vocali tipici degli attori di quel tempo che davano all’interprete un aspetto tanto falso. Il metodo recitativo di Eleonora si basava molto sull’istinto: spesso improvvisava, a volte camminava lungo il palcoscenico e gesticolava, poi si sedeva e cominciava a parlare. Grazie a questi suoi atteggiamenti molto incisivi l’attrice recitò ovunque ma sempre in italiano: il pubblico non capiva le sue parole e la sua lingua, ma intendeva ciò che Eleonora sapeva esprimere. La Duse non si truccava mai, né a teatro, né nella sua vita privata, ed era molto fiera dei suoi lineamenti marcati, non affatto in linea con i canoni estetici dell’epoca. Consapevole di questo, accentuò sempre di più negli anni il suo modo personale di recitare, innovativo e anticonformista, con atteggiamenti all’epoca molto provocatori, sfrontati, come le mani sui fianchi, i gesti ossessivi, lo sguardo fisso nel vuoto. Una sua caratteristica particolare era quella di muovere molto le braccia quando recitava, e rendere il corpo protagonista dello spettacolo, insieme con la voce, che non aveva mai toni ridondanti e che colpiva proprio per la sua naturalezza e la sua spontaneità. Il suo stile era inconfondibile e di grande modernità, inevitabilmente legata alla sua apertura mentale.
Fu artefice quindi di una grande rivoluzione nella storia del teatro, infatti molte furono e sono ancora oggi le attrici che a lei si ispirarono e molte sono le cose che le appartengono nel teatro moderno quali l’uso del corpo.
Nel 1884 l’incontro decisivo, a Venezia, con Gabriele D’Annunzio; i due si erano già incontrati in modo fuggevole a Roma anni prima. Il tempestoso legame sentimentale e artistico tra i due durò una decina di anni contribuendo notevolmente alla fama del poeta. Lei portò in scena in Italia e all’estero i drammi dannunziani, spesso finanziandone lei stessa la produzione assicurandone l’attenzione della critica. La loro storia d’amore finisce, nel 1904, per la conflittualità dei caratteri ma anche per i debiti che Eleonora accumula per aiutarlo e per la grande umiliazione che riceve in quello stesso anno, quando La figlia di Iorio esordisce al Teatro Lirico di Milano con Irma Gramatica nella parte di Mila.
Nel 1909 la Duse abbandonò momentaneamente il teatro a cui ritornò nel 1921 per necessità economiche; nel 1916 infatti recitò nel suo unico film per il cinema: Cenere, tratto da un romanzo della Deledda.
La Duse forma quindi una sua compagnia e inizia una tournée in Italia; nel 1923 è a Londra e a Vienna, poi parte per gli Stati Uniti. Minata nel corpo dalla tubercolosi, in una camera d’albergo di Pittsburgh, sola, muore, il 21 aprile 1924.
Personalità
Non c’è nessuno al mondo che, amando l’arte, non provi dolore nel pensare di non poter vedere Eleonora Duse sopra un palco. La divina è stata il genio incarnato. Così capace d’esprimere se stessa, e il ruolo interpretato, che gli stranieri comprendevano le sue parole senza sapere l’italiano. Il grandissimo drammaturgo Anton Cechov infatti la ricorda così: “«Ho proprio ora visto l’attrice italiana Duse in Cleopatra di Shakespeare. Non conosco l’italiano, ma ella ha recitato così bene che mi sembrava di comprendere ogni parola; che attrice meravigliosa!».
Centinaia, migliaia di spettacoli in Italia e all’estero dimostrando che arte e Italia sono un binomio inscindibile.
Per questo Eleonora Duse non fu solo un’attrice ma una bandiera d’italianità e il suo essere musa del Vate fu “solo” un valore aggiunto di una carriera così straordinaria da comunicare, oltre il tempo, la voglia d’alzarsi in piedi ad applaudire.
«Il fatto è che mentre tutti diffidano delle donne, io me la intendo benissimo con loro! Io non guardo se hanno mentito, se hanno tradito, se hanno peccato – o se nacquero perverse – perché io sento che hanno pianto, – hanno sofferto per sentire o per tradire o per amare… io mi metto con loro e per loro e le frugo, frugo non per mania di sofferenza, ma perché il mio compianto femminile è più grande e più dettagliato, è più dolce e più completo che non il compianto che mi accordano gli uomini.»